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Yulin: Dog meat festival

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Fonte: Quotidiano.net

Ogni anno circa 15 000 cani (ed anche gatti), adulti e cuccioli, vengono brutalmente assassinati con la convinzione che il loro sacrificio possa servire ad allontanare la calura estiva. Questo è lo Yulin festival, il festival che ogni anno si tiene in Cina in concomitanza con il solstizio d’estate, il 21 Giugno.

Massacro e orrore fanno da sfondo a quella che è una vera e propria tragedia senza precedenti .  I cani, alcuni addirittura rubati dalle proprie famiglie, vengono picchiati, scuoiati e bolliti vivi. Maggiore è la tortura, migliore sarà la carne.

È ormai risaputo che per l’uomo, almeno per la cultura europea, sia inconcepibile e inammissibile considerare il cane come cibo-anche se al riguardo si potrebbe aprire un vero e proprio dibattito perché nessuna specie animale è differente dall’altra e se consideriamo il maiale cibo, dovremmo farlo anche per le altre specie, anche se è un concetto non radicato da secoli nella nostra cultura- , ma ciò che sconvolge più di ogni altra cosa è il modo in cui i cani vengano trattati, in modo indegne e crudele. Una vera e propria barbarie.

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Fonte: Youtube

Yulin è una città della Cina che  (come la Corea del Sud ed altri paesi asiatici) è consumatrice di carne di cane  (soprattutto per la tradizione di allontanare il calore estivo). In realtà la città di Yulin non è sicuramente la maggior consumatrice di questo tipo di cane , eppure è al centro della cronica per il festival che la vede protagonista di uno dei sacrifici più disumani che esista. Ma il maltrattamento comincia dal principio quando i cani vengono rinchiusi in gabbie anguste e torturati. Dall’altro lato “i consumatori” si difendono affermando che non ci sia nessuna forma di tortura o di maltrattamento e che il consumo di carne di cane può essere paragonato a quello di carne di manzo, maiale e così via. Ma non la pensano allo stesso modo gli attivisti che hanno assistito proprio a quelle scene.

Negli ultimi anni si stima che siano stati uccisi circa 10.000 cani e gatti durante il festival.

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Circa un anno fa , nel 2017, il Taiwan è diventato il primo paese a proibire vendita, acquisto e detenzione di carcasse di cani e di gatti e di conseguenza una legge che vieta di mangiare cani e gatti. Una piccola Vittoria, un piccolo passo per un cambiamento futuro.

Quello di Yulin viene soprannominato anche dog meat festival.

Se è pur vero che nella cultura asiatica, e quindi anche in Cina, il consumo di carne di cane è legale, ci sono delle norme ben precise : la provenienza deve avvenire da un allevamento certificato, requisito ovviamente totalmente assente in questo festival. Il governo nega l’esistenza di questa festa, anche se vi sono numerose testimonianze di questa strage. Perché non esistono altre parole per definire un evento così cruento, così antico, così meschino.

Nel 2017 si vociferava che il festival fosse stato abolito, tuttavia purtroppo non vi erano fondamenti.

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Fonte. Animal Asia

Anticamente, sia nella cultura greca che in quella romana, il sacrificio (più comunemente animale) avveniva con un fine: l’uomo sacrificava un animale  in omaggio ad un dio affinché potesse ricevere in cambio qualcosa di buono.

Il festival di Yulin ricorda proprio quegli antichissimi sacrifici, con un’unica differenza, si sottovaluta l’evoluzione del corso della storia. Non siamo più, infatti, uomini primitivi che non conoscono la realtà, siamo in una generazione evoluta  (anche se esistono alcune culture più sviluppate di altre) , non siamo più un popolo di politeisti convinti che con i sacrifici (animali o umani) possa realmente ottenere ciò che si desidera. E se esistono ancora alcune culture in cui è radicato questo pensiero, abbiamo comunque oggigiorno i mezzi necessari per mettere fine ad un tale scempio.

Nessuna vita è più importante di un’altra. Nessun essere è inferiore all’altro. Non possiamo imporre la nostra volontà sugli altri, ma possiamo impedire che vite innocenti vengano sacrificate per l’ignoranza umana.

Mettiamo fine alla devastazione ad opera dell’uomo. Interveniamo. Insieme possiamo fare la differenza.

Se desideri dare anche tu un contributo firma la petizione:

https://firmiamo.it/facciamo-chiudere-lo-yulin-festival-per-sempre

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Sos Cinghiali Marsaglia

Marsaglia è un comune della provincia di Cuneo, in Piemonte, protagonista recentemente di un’altra terrificante tragedia, che vede nuovamente  come vittime gli animali. Questa volta i cinghiali.

A causa del sovrannumero di cinghiali presenti, il Comune ha stabilito l’abbattimento di 368 esemplari, senza distinzione di età o sesso. Sembrerebbe infatti che la presenza spropositata dei cinghiali sul territorio abbia causato per il paese danni all’agricoltura, procurando talvolta anche pericolo per la sicurezza stradale.

Per questi motivi via libera alla morte di specie indifese, morte causata nuovamente per l’inefficienza dell’uomo, che anziché prevenire curando il problema a monte, ha deciso nuovamente di agire a problematica ormai già inoltrata. Resta il perenne interrogatorio, può essere l’uccisione l’unica soluzione valicabile?zooplus.it

Ammesso che il problema del numero spropositato di cinghiali sul territorio sia incontrollabile , e che l’unica soluzione possa essere l’eliminazione della specie (e poi piangiamo gli animali in via d’estinzione la cui perdita danneggia anche l’ecosistema) c’è sicuramente da considerare che -come in qualunque cosa si faccia per il benessere dell’ambiente e dell’uomo a lungo termine – bisognerebbe adottare un criterio, e bisognerebbe considerare determinate azioni inconcepibili, inaccettabili e persino perseguibili penalmente, ovvero la divulgazione di video raccapriccianti che ritraggono le immagini di cattura ed uccisione di questi poveri animali.

Ed invece non è così. Pare infatti che recentemente siano stati ripresi in un video di circa 35 secondi 15 cinghiali catturati, che si dimenano nel fango.

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Fonte video: La Stampa Cuneo

E poi morti davanti ad un’automobile della polizia locale. I protagonisti/vittime del video non hanno neppure due mesi. Prova, quindi, che non vi è alcun criterio. Ma anche se le cose andassero diversamente, dove è la giustizia nel diventare giustizieri di un’altra vita innocente ? Dove è la giustizia quando a causa della negligenza e della superficialità dell’uomo delle vite devono essere sacrificate ?

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Fonte: La Stampa Cuneo

Il problema c’è , ed è evidente, anche se il punto di domanda, per chi non conosce realmente i fatti, può sempre esserci. Ma, come può un problema degenerare in questo modo? Come può essere questa la soluzione al problema?

Darwin parlava di “selezione naturale” ovvero della “sopravvivenza del più adatto”. Quello che emerge da questo episodio e da molti simili, è che l’uomo si stia autodefinendo il più adatto a questo pianeta, tralasciando che non  sarebbe in grado di sopravvivere senza l’aiuto di altre specie animali.

Grindadràp, la caccia alle balene

Ormai da secoli le acque dell’ oceano Atlantico che bagnano le Isole Far Oer, arcipelago danese,  si bagnano di rosso, rosso sangue. Si tratta della Grindadràp, la caccia alle balene, una tradizione locale non collegata direttamente e principalmente con l’attività commerciale.

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Fonte: Econote.it

Grindadràp nella lingua faroese vuol dire letteralmente caccia alle balene, tuttavia più che di una caccia si tratta di una vera e propria mattanza. Gli abitanti locali in alcuni casi spaventano i cetacei con barche spingendoli quindi verso le insenature della costa e questi poveri animali , trovandosi incastrati, sono costretti a fermarsi, in altri casi invece  attraverso un uncino le balene vengono trascinate fino alla riva e poi uccise sotto gli occhi di tutti, non fanno eccezione nemmeno i bambini, che vivranno con la convinzione che è più importante rispettare un’usanza secolare, piuttosto che gli esseri viventi, di qualunque specie siano.

eviGli abitanti del posto vivono questo momento come una festa tradizionale, la pratica infatti non solo viene considerata normalità, ma viene addirittura festeggiata. E da qualunque punto di vista si guardi la questione per i danesi del posto non c’è nulla di sbagliato, sia sotto l’aspetto “tradizionale”, sia sotto l’aspetto “pratico”. Pare infatti che alcuni si giustifichino ritenendo  che dato l’alto numero di cetacei presenti in quei mari, sia addirittura una cosa necessaria da fare.

Questa pratica disumana e vietata riesce a prendere piede  perché le Faroe sono una regione autonoma della Danimarca e pertanto hanno un governo autonomo. Ed addirittura per difendere i cacciatori dagli attivisti e permettere che possano proseguire la mattanza, il governo talvolta invia squadre di militari. Talmente irrispettosi da non tenere conto che la normativa vieti la caccia alle balene. Come le Faroe, anche Giappone, Islanda e pochi altri paesi non rispettano la norma vigente. Dal 2015 la situazione anziché migliorare pare peggiorata, difatti invece di ottenere un qualsiasi tipo di risultato per porre fine a questa mattanza, è stato invece stabilito che sia punibile chiunque cerca di salvare i cetacei ed è condannato anche chi avvista un gruppo di animali in mare e non lo segnala ai cacciatori.

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Fonte: Imparareviaggiando

Ogni anno, puntuale come sempre, il 22 Maggio riprende la stagione di caccia alle balene. Si conta la morte di 150 esemplari solamente nel primo giorno di caccia. Lance, coltelli, uncini. Non importa lo strumento, purchè ci sia un grande pubblico ad assistere.  Ogni anno vengono uccisi circa 950 globicefali, soprattutto in estate, e questo oltre ad avvalorare la pratica tradizionale, risulta essere poi anche un grande guadagno per le Isole.

Come sempre l’essere umano riesce a distinguersi e a differenziarsi dalla specie animale per la cattiveria, l’egoismo, la superficialità e la brutalità. Come sempre l’essere umano, impone il suo dominio sull’animale, ed anche sull’ambiente, dimenticando di aver ricevuto un grande dono, la vita, la natura, l’ambiente circostante. Un dono non solo non apprezzato, ma talmente sottovalutato da rovinare con le sue stesse mani.

Grindadràp significa letteralmente “caccia alle balene” ma per noi vuol dire tragedia e cattiveria umana.