Ormai da secoli le acque dell’ oceano Atlantico che bagnano le Isole Far Oer, arcipelago danese, si bagnano di rosso, rosso sangue. Si tratta della Grindadràp, la caccia alle balene, una tradizione locale non collegata direttamente e principalmente con l’attività commerciale.

Grindadràp nella lingua faroese vuol dire letteralmente caccia alle balene, tuttavia più che di una caccia si tratta di una vera e propria mattanza. Gli abitanti locali in alcuni casi spaventano i cetacei con barche spingendoli quindi verso le insenature della costa e questi poveri animali , trovandosi incastrati, sono costretti a fermarsi, in altri casi invece attraverso un uncino le balene vengono trascinate fino alla riva e poi uccise sotto gli occhi di tutti, non fanno eccezione nemmeno i bambini, che vivranno con la convinzione che è più importante rispettare un’usanza secolare, piuttosto che gli esseri viventi, di qualunque specie siano.
Gli abitanti del posto vivono questo momento come una festa tradizionale, la pratica infatti non solo viene considerata normalità, ma viene addirittura festeggiata. E da qualunque punto di vista si guardi la questione per i danesi del posto non c’è nulla di sbagliato, sia sotto l’aspetto “tradizionale”, sia sotto l’aspetto “pratico”. Pare infatti che alcuni si giustifichino ritenendo che dato l’alto numero di cetacei presenti in quei mari, sia addirittura una cosa necessaria da fare.
Questa pratica disumana e vietata riesce a prendere piede perché le Faroe sono una regione autonoma della Danimarca e pertanto hanno un governo autonomo. Ed addirittura per difendere i cacciatori dagli attivisti e permettere che possano proseguire la mattanza, il governo talvolta invia squadre di militari. Talmente irrispettosi da non tenere conto che la normativa vieti la caccia alle balene. Come le Faroe, anche Giappone, Islanda e pochi altri paesi non rispettano la norma vigente. Dal 2015 la situazione anziché migliorare pare peggiorata, difatti invece di ottenere un qualsiasi tipo di risultato per porre fine a questa mattanza, è stato invece stabilito che sia punibile chiunque cerca di salvare i cetacei ed è condannato anche chi avvista un gruppo di animali in mare e non lo segnala ai cacciatori.

Ogni anno, puntuale come sempre, il 22 Maggio riprende la stagione di caccia alle balene. Si conta la morte di 150 esemplari solamente nel primo giorno di caccia. Lance, coltelli, uncini. Non importa lo strumento, purchè ci sia un grande pubblico ad assistere. Ogni anno vengono uccisi circa 950 globicefali, soprattutto in estate, e questo oltre ad avvalorare la pratica tradizionale, risulta essere poi anche un grande guadagno per le Isole.
Come sempre l’essere umano riesce a distinguersi e a differenziarsi dalla specie animale per la cattiveria, l’egoismo, la superficialità e la brutalità. Come sempre l’essere umano, impone il suo dominio sull’animale, ed anche sull’ambiente, dimenticando di aver ricevuto un grande dono, la vita, la natura, l’ambiente circostante. Un dono non solo non apprezzato, ma talmente sottovalutato da rovinare con le sue stesse mani.
Grindadràp significa letteralmente “caccia alle balene” ma per noi vuol dire tragedia e cattiveria umana.