Quante volte ci siamo sentiti ripetere questa frase? E quanta frustrazione genera in chi fa dell’aiuto agli animali la propria missione di vita? Solo poche riflessioni ad alta voce e la storia di Maria Grazia, che ci ha raccontato la sua testimonianza.
Generalmente inizia così. Il telefono squilla e dall’altra parte una voce concitata attacca con: “Salve, Amiconiglio?“. Scatta repentino il primo esitante “Si” del volontario, i cui sensi sono già all’erta. “Mi hanno parlato così bene di voi, so che siete i più seri e quindi ho deciso di chiamarvi“. A questo punto l’amigdala lancia il suo SOS, il livello di adrenalina si alza improvvisamente, mentre il cuore batte più velocemente in attesa che venga pronunciata la fatidica frase, che immancabilmente, infatti, non tarda ad arrivare: “Ho bisogno del vostro aiuto perché non posso più tenere il mio coniglietto (come se un diminutivo alleggerisse la situazione), ma davvero lo faccio solo per il suo bene“.
Ecco qui sfido chiunque faccia volontariato con gli animali a non provare un senso di rabbia frammisto a frustrazione nel momento in cui si sente rimbombare nella testa questa frase senza senso:
“Lo faccio per il suo bene“.
E, se mai non bastasse la gravità della situazione, dall’altro capo del telefono in genere hanno anche la sfrontatezza di elencare tutte le ottime motivazioni, a loro dire salienti, che li hanno spinti a questa scelta così caritatevole verso il proprio animale.
- Lo vedo soffrire perché non ha spazio a sufficienza. Ora qui stiamo parlando di conigli e non di bovini; per quanto un cucciolo possa crescere e, nella peggiore delle ipostei logistiche, diventare una taglia XL, ma di quanto spazio in più, rispetto a quello iniziale da cucciolo, può avere bisogno? Non è un vitello che da adulto diventa un toro e allora qualche problema di collocazione può crearlo. E’ un coniglio! Quindi significa o che è sempre stato in gabbia e adesso non c’entra più (no comment alla gabbia, se non apriamo un altro capitolo infinito) oppure che è solo e soltanto una scusa e oltretutto davvero poco credibile.
- Il coniglio è cresciuto troppo. Il negoziante mi ha detto che sarebbe rimasto esattamente come quando l’ho preso da cucciolo. Ora, per quanto la mente umana a volte possa essere ottusa, ma – mi chiedo – come si possa pensare che un coniglio non cresca di un grammo se lo si prende da cucciolo? No dico basta davvero attivare due neuroni per seguire questo ragionamento, non serve un esperto in massimi sistemi, quindi è sempre e solo una scusa.
- Non ho più tempo per gestire il coniglio. E fino ad ora o, meglio, quando uno prende un animale non considera che la sua presenza in casa richiederà cure, attenzioni e, quindi, tempo? Ma poi visto che le cessioni (cessione = abbandono motivato dal fatto che gli voglio troppo bene e lo faccio solo per lui) avvengono anche dopo anni che si ha un animale, cosa può cambiare così repentinamente nella vita di un individuo per negargli tutto il tempo libero? E guarda caso poi proprio quel tempo libero dedicato alla cura del coniglio. Ancora una scusa e ancora poco plausibile.
- Mio figlio è cresciuto e non interessa più il coniglio. Io, tra l’altro lo avevo preso solo per lui. Questa penso sia una delle frasi, che quando tutti noi ascoltiamo, ci fa scattare un istinto omicida, immediatamente represso perché chi ama la vita, la rispetta in ogni sua manifestazione, anche quando si concretizza in questi esseri sub umani. Un animale non è un peluche, non si prende per intrattenere i bambini, perché per tale attività hanno inventato, ormai da secoli, specifici oggetti chiamati giocattoli. E anche la perdita di interesse verso un essere vivente non è un buon segnale per il genitore. Primo perché è preciso compito degli adulti educare e sviluppare le competenze emotive dei figli e, quando questo non avviene, ci saranno delle conseguenze. Secondo perché, nel corso del processo di crescita, un figlio perde inevitabilmente anche parte dell’interesse verso i genitori rispetto a quando era bambino e, se tanto mi dà tanto e se gli insegnamenti ricevuti sono stati basati sul principio per cui “mi stanco quindi elimino”, che fine faranno padre e madre? Accantonati entrambi nel dimenticatoio? Quindi qui abbiamo scusa e fallimento ruolo genitoriale.
- Ho sviluppato un’allergia improvvisa per il pelo del coniglio. Ecco questa è la regina di tutte le scuse e talmente versatile, che si adatta ad ogni stagione e ad ogni animale. Non ce l’hanno ancora raccontata per i pesci rossi, ma forse solo perché per quelli non fanno neanche la fatica di rivolgersi alle associazioni, trovano un laghetto e via. Esistono tantissime persone allergiche (io sono tra quelle e ancora sono viva!) che riescono a tenere a bada la propria allergia e a convivere con degli animali. Ma se anche fosse che l’allergia è così forte, possibile che uno la scopra solo dopo aver avuto un animale per un periodo lunghissimo in casa? Prima di allora questa persona non è stata mai a contatto con nessun coniglio, cane, gatto e così via al mondo? Strano, davvero stranissimo. Se poi aggiungiamo che il picco di queste allergie generalmente sale in estate, quando la valigia per le vacanze è pronta,o a gennaio, quando i regali sbagliati di Natale devono trovare collocazione, allora capite bene che anche questa sembra tanto una scusa.
- Ho preso un cane o un gatto e non va d’accordo con il coniglio, quindi ora per proteggerlo è meglio darlo via. Ottima politica direi: ossia vado per incastri. Ho inizialmente un coniglio, poi prendo il gatto, ma non vanno d’accordo, quindi via il coniglio e resta il gatto. Dopo di che decido di prendere anche il cane, ma il problema si ripropone e, dunque, questa volta via il gatto. Poi trovo un partner che non ama gli animali e, quindi, che fare? Via anche il cane…Ora qui non siamo Alla Fiera dell’Est di Branduardi, questa è la realtà, quindi direi che, se non si è portati a vivere con gli animali, è bene non prenderli, state fermi che fate solo danni!
E la lista potrebbe allungarsi ancora, ma non è questo che conta. Di scuse ne esistono infinite e sempre riciclabili.
Il vero punto è che noi volontari siamo stanchi di raccogliere i cocci in frantumi delle scelte superficiali di persone altrettanto poco oculate nelle loro scelte. Prima di prendere un animale bisogna pensarci infinite volte, perché non è un giocattolo o un soprammobile…
Siamo stanchi di passare notti insonni per pensare dove collocare questa o quest’altra emergenza creata dalla follia umana. Siamo stanchi di correre come pazzi da un lato all’altro della città per recuperare conigli in pericolo, gettati nei parchi o nei giardini, lasciati in totale balia di un mondo esterno, che non conoscono. Siamo stanchi di recuperare animali maltrattati, impauriti, diffidenti, malati, vittime innocenti dell’incuria di persone, che non sanno neppure alla lontana cosa significhino amore ed empatia verso un altro essere vivente. Ma soprattutto siamo stanchi di questa vostra scusa assurda
“Lo faccio per il suo bene“.
Basta! Non potete anche lavarvi la coscienza con questa frase di pessimo gusto. Non lo fate per gli animali. Abbandonate e pensate di trovare scuse plausibili, sostenute addirittura dal volersi prendere cura, mentre lo fate solo e soltanto perché siete delle persone irresponsabili ed egoiste, che non sanno accudire nessuno, tutte centrate su voi stesse e basta. Dunque la prossima volta scegliete almeno una scusa decente o, meglio ancora, tacete!
E proprio per condividere insieme questo nostro senso di impotenza, ma anche l’amore che ci lega agli animali e che ci tiene uniti in questa battaglia, ecco la testimonianza di Maria Grazia, volontaria Amiconiglio. Maria Grazia da tempo ha scelto la vita e il rispetto per ogni creatura vivente. Le sue parole sono parole vere di chi ha messo al primo posto l’amore, anche a costo della propria salute e di chi, dunque, l’amore lo riconosce, non ha bisogno di nasconderlo o di allontanarlo, ma anzi lo tutela e protegge:
“Ogni giorno arrivano centinaia di segnalazioni da persone che hanno bisogno di trovare una sistemazione migliore per il proprio coniglio. Solamente una su dieci ha realmente bisogno di aiuto, solamente in rarissimi casi c’è a chi improvvisamente è stata diagnosticata un’allergia grave, o chi non può più prendersene cura per un reale ed improvviso problema economico, o per qualche malattia. Le restanti richieste sono di chi purtroppo ha ricevuto in regalo (magari per Natale o Pasqua) un coniglio, come fosse un oggetto, senza considerare le responsabilità, senza considerare cosa comporti economicamente e moralmente provvedere ad un altro essere. Oppure persone che si sono ormai stufate di quello che doveva essere un microscopico animale da gabbia. La mia famiglia pelosa è composta da Myia, la mia coniglietta, furia e leone, i porcellini d’india, e Bea, la cognolina. Dopo due anni dall’accoglienza di Myia, uno dall’arrivo dei porcellini d’india e qualche mese da quello del cane, ho iniziato a soffrire di crisi allergiche respiratorie. Poiché non accettavo il fatto che potessero essere loro, per più di un anno sono andata avanti con antistaminici e cortisone. Speravo che prima o poi passasse da solo. Le allergie vanno e vengono, mi dicevo. Andranno via, ho pensato. In realtà lo speravo. La notte non dormivo più. Mi sentivo stremata. Riuscivo a dormire mezzora a notte a stento. Non importava quanto facessi arieggiare la stanza. Dovevo ricorrere sempre a qualche ausilio per la respirazione. Ormai anche camminare in strada era diventato un tormento. A 25 anni, un passo mi stancava. Ho provato tutte le cure possibili ed immaginabili. Poi per una settimana ho lasciato i miei piccoli da mia madre per andare in vacanza e ho cominciato a stare di nuovo bene. Ho capito da sola, in attesa delle prove allergiche che il problema fossero loro. Sono andata da mia madre, che non ama particolarmente gli animali, e l’ho supplicata di tenermeli finché non avrei trovato una soluzione migliore. Ora sono ancora da lei. Ogni giorno mi divido tra casa mia (dove mi aspetta Bea) e sua (dove so che mi aspetta Myia). Controllo che stiano bene, che non si dimentichino di me e passo del tempo in loro compagnia. Ed ogni volta è un dolore. Il dolore di sapere che a casa c’è Bea che mi aspetta, ma non c è Myia, che mi viene incontro per salutarmi e abbassare quella testolina in cerca di carezze. È il dolore della sconfitta, mi sento sconfitta perché devo dividermi e non posso vivermi Myia come vorrei. Mi sento sconfitta perché so che fisicamente ne risento con la sua presenza, ma moralmente la separazione mi distrugge. E se dovesse succederle qualcosa mentre non ci sono?! E se si sentisse abbandonata o tradita?! E se pensasse che l’ho sostituita con Bea?! Mi manca. In ogni istante. Quelle zampine con cui mi chiama quando la vado a trovare. Il girarmi attorno in segno di festa. Mi manca sentire che sale sul letto per svegliarmi. Mi manca anche solo la sua presenza in stanza. Qualcuno forse non ha la fortuna di avere una madre, che possa aiutarla come nel mio caso, anche se a breve Myia ritornerà, comunque, da me. Ma la maggior parte delle persone non ci prova nemmeno. L’allergologo è stato categorico, riprendendoli in casa starai di nuovo male. Cura preventiva e durante. Dovrai trovargli un altra sistemazione. Mi ha preso lo stomaco quando me l’ha detto. 《NONONONONO》 Troveremo una soluzione dottore insieme. Devono tornare da me. Mi sono presa carico di altre vite, non è che li cedo cosi. Li cederei solo se sapessi che la mia e la loro vita potrebbero migliorare. Lo so che non è semplice. So che non tutte le segnalazioni sono di persone superficiali. So che a volte possono esserci persone con reali problematiche. Ma le altre, quelle che si stancano, quelle che non hanno consapevolezza, quelle che vogliono essere aiutate per un capriccio, ci pensano?! Parliamo di un’altra vita solo ed esclusivamente nelle vostre, nelle nostre mani. Riflettete, sempre! Prima , durante e dopo! Loro non hanno la possibilità di scegliere, o di provvedere a se stessi. Dovete , dobbiamo, Farlo noi per loro. I capricci lasciamoli ai bambini di fronte ai giocattoli. E ricordiamoci che una vita è per sempre“.