Chi vive con un coniglio trema al solo sentire parlare di “coccidi”. Ma quanti conoscono realmente questi parassiti? Proviamo insieme a fare un pò di chiarezza
Premettiamo immediatamente che questo articolo ha solo carattere informativo, per cui non intende in alcun modo sostituirsi ad un consulto medico. Non appena si hanno avvisaglie che il proprio coniglio non sta bene bisogna rivolgersi immediatamente ad un veterinario esperto in esotici, ricordando che, con questi animali in particolare, anche un’ora può fare la differenza.
Detto ciò, cerchiamo di conoscere un pò più da vicino i coccidi e di capire quali conseguenza possa portare una loro infestazione.
I coccidi sono dei protozoi intracellulari obbligati (ossia non sono in grado di vivere fuori da una cellula ospite) e sono specie specifici, per cui quelli dei conigli possono essere contagiosi solo per altri conigli, ma non per animali appartenenti a specie differenti.
Questa prima informazione è di particolare rilevanza, perché spesso chi ha un coniglio ha anche cani, gatti ed altri pet, per cui può stare tranquillo almeno sul fatto che, in presenza di positività ai coccidi nel coniglio, non andrà, comunque, incontro ad un contagio interspecifico, ma dovrà far curare al più presto solo il proprio coniglio.

Il ciclo vitale dei coccidi ha una durata variabile tra 4 e 14 giorni. Inizia con l’emissione delle uova del parassita (oocisti), attraverso le feci, da parte di un animale malato e con l’ingestione di queste, mediante cibo o anche acqua infetti, da parte di uno o più animali sani.
Una volta raggiunto lo stomaco del nuovo ospite, infatti, le oocisti, sfruttando la presenza dei succhi gastrici e degli enzimi qui presenti, rilasceranno gli sporozoiti, i quali, a loro volta, andranno a colonizzare le cellule delle pareti dell’intestino (duodeno), ambiente ottimale per la loro moltiplicazione, all’interno del quale diventano trofozoiti ed assumono una tipica forma allungata.
Qui inizialmente ci sarà una divisione cellulare asessuata (schizogonia), che dopo alcuni cicli provocherà la distruzione delle cellule ospiti, e successivamente si assisterà alla formazione di gameti (gametogonia), con la conseguente riproduzione, questa volta sessuata, dei coccidi ed alla loro diffusione attraverso le feci.

Rispetto ai conigli sono tre le specie di coccidi patogene: E.stiedae, E.flavescens
ed E.intestinalis.
Nello specifico va ricordato che E.stiedae arriva fino al fegato, utilizzando la vena porta, e si stabilisce poi a questo livello, infettando le cellule dei dotti biliari.
La sintomatologia di questa malattia parassitaria varia a seconda dell’organo bersaglio danneggiato dal parassita.
Nella forma intestinale, che colpisce più frequentemente animali giovani o anziani ossia quelli con un sistema immunitario meno efficiente, il nostro piccolo amico a quattro zampe può presentare significativa atassia, perdita di peso, forte disidratazione, diarrea emorragica (con un dolore acre ed intenso) e, se non si interviene tempestivamente, sopraggiunge la morte. Ecco perché è fondamentale farsi sempre seguire da un veterinario esperto in esotici.
Nella forma epatica, invece, l’animale mostra una sete intensa, la diarrea generalmente è meno massiva, ma anche in questo caso le lesioni provocate al fegato possono causare la morte del coniglio.

La diagnosi di coccidiosi viene fatta mediante esame delle feci e deve essere tempestiva per potersi avere una prognosi fausta.
Importante, come sempre, concentrarsi sulla prevenzione, facendo immediatamente visitare dal veterinario un coniglio, non appena gli apriamo le porte delle nostre abitazioni; inoltre è bene dargli sempre verdure lavate e disinfestare l’ambiente, se già occupato da un animale affetto da coccidiosi.
Ecco ora ne sappiamo un pò di più su questa malattia, che purtroppo continua a fare tantissime vittime e non solo all’interno degli allevamenti.
Quello splendido coniglio bianco che vedete nella foto in alto era il mio Romolo, recuperato dall’Associazione Amiconiglio in strada, dove era stato abbandonato probabilmente perché cresciuto troppo, con il bacino fratturato. Ha vissuto con me qualche anno d’amore puro e, alla fine, purtroppo non ce l’ha fatta ed ha perso la sua battaglia contro la coccidiosi, dopo nove mesi di terapie e di cure attente da parte del mio veterinario (Andrea Lanza del Centro Veterinario Gianicolense) e di tutto il suo staff.
Ce l’abbiamo messa tutta tentando fino all’ultimo ogni terapia possibile, ma in alcuni casi non ci sono vittorie e così il mio Romolo il 15 luglio 2016 è volato sul ponte a raggiungere tanti altri pelosi, già partiti per lo stesso viaggio prima di lui. Nel mio cuore ha lasciato un vuoto immenso, che ancora oggi mi fa scendere lacrime calde lungo le guance osservando la sua foto.
Ecco perché questa battaglia contro la coccidiosi va portata avanti senza mai abbassare la guardia da parte di chi ha un coniglio. L’informazione è il primo passo e, dunque, iniziamo da qui.